
Da tempo si sa che i batteri sono in grado di comunicare tra di loro tramite lo scambio di segnali extracellulari: molecole che vengono rilasciate nell’ambiente da un batterio per essere poi captate e riconosciute dal batterio vicino. Mai prima d’ora si era però visto avvenire questo scambio attraverso la formazione di ponti tra batteri. Utilizzando come modello cellule di B. subtilis i ricercatori israeliani hanno constatato il passaggio di molecole fluorescenti (Green Fluorescent Protein, GFP) dal citoplasma di un batterio a quello adiacente. L’analisi al microscopio elettronico ha poi fornito la prova definitiva della presenza di una vera e propria rete di nanotubi che si propagava tra i vari batteri. Fatto ancora più sorprendente, questo sistema di comunicazione non si limita a batteri della stessa specie, ma permette anche un «dialogo» interspecie. Lo dimostra la formazione di nanotubi tra B. subtilis e Staphylococcus aureus e persino tra B. subtilis e il lontanissimo – evolutivamente parlando – Escherichia coli.
Attraverso la rete di nanotubi (la cui lunghezza può raggiungere anche 1 micrometro) i batteri sarebbero quindi in grado di scambiarsi molecole importanti per conferire la resistenza ad antibiotici o per produrre i fattori che sono alla base della loro virulenza. Con un meccanismo alternativo a quello già noto della coniugazione batterica, i nanutubi permetterebbero persino lo scambio di plasmidi non-coniugativi (plasmidi che non sono di per sé in grado di iniziare il proprio trasferimento per via coniugativa).
La scoperta promette importanti ricadute sul piano clinico. Farmaci in grado di interferire con la formazione di questo «social network» batterico potrebbero ostacolare in modo efficace il diffondersi di infezioni: una strategia da tenere a mente in tempi in cui la comunità scientifica guarda con preoccupazione crescente al diffondersi di resistenze agli antibiotici.